Politica

Tra le vette l’arte narra il territorio

Montagna/ In una malga in Valsugana la mostra fotografica più alta d’Europa

di Redazione

Metti un?estate in montagna un fotografo di fama internazionale, le sue opere e una malga disabitata. E otterrai Valarica 1703, il festival di fotografia più alto d?Europa. 1703, come l?altitudine della malga Valarica (Cinte Tesino, Trento) dove l?Apt Lagorai, promotrice dell?iniziativa, ha scelto di installare la mostra. Arte ad alta quota, anche per i nomi invitati: fino al 7 agosto espone Silvia Lelli, mentre dall?11 al 26 agosto è la volta di Massimo Vitali. Consegna, per entrambi: rappresentare la vallata e dei suoi abitanti. «Abbiamo cercato di trasformare una malga disabitata in un piccolo scrigno di arte contemporanea, invitando grandi artisti a fare ricerca sul nostro territorio», racconta Emanuele Montibeller, assessore alla Cultura di Borgo Valsugana. Abbattere insomma i concetti di centro e periferia culturale.

Vitali ha iniziato a lavorare all?esposizione la scorsa estate. Una vera e propria ?indagine? sociologica che al fotografo ha riservato diverse sorprese: «Sono arrivato a Cinte Tesino con un progetto ben preciso: fotografare l?uomo nella sua interazione con la natura. Ma da subito mi sono reso conto che le valli erano preponderanti». Vitali, famoso per i suoi scorci su spiagge e discoteche italiane, è stato costretto a cedere. Come dimostra il titolo: Uomini. Alberi. «I protagonisti delle mio foto sono almeno due», spiega Vitali, «e non sono gli uomini i primi attori». Così nelle cinque immagini esposte alla malga Valarica, Vitali ha scelto di rappresentare eventi nei quali la valle e i suoi abitanti interagiscono: l?inaugurazione del festival 2006, il concerto di Goran Bregovic e la corsa con le ciaspole, una sorta di racchette tipiche della Valsugana. Il legame con ArteSella, la rassegna d?arte contemporanea che si svolge nella vicina Val Sella, è evidente anche dalla foto dell?immensa «cattedrale vegetale» di Giuliano Mauri che Vitali ha ritratto durante l?inaugurazione.

La tecnica è quella che caratterizza Vitali sin dalle sue prime opere: grandi dimensioni e inquadratura ampia, dall?alto in basso. Il risultato è una miniatura medievale, gremita di persone che restituiscono un quadro sociologico della realtà. Vitali utilizza un cavalletto fissato a 7 metri d?altezza per sorreggere la sua Derdoff che supporta negativi di 20 per 25 centimetri. Le grandi dimensioni delle stampe (180 centimetri per 150) sono una precisa scelta stilistica: «Punto a fare fotografie per la storia non per gli amici», rivela Vitali, «mi piacerebbe che, magari tra 50 anni, i sociologi le studiassero, per capire come eravamo».


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA